Oggi stavo tranquillamente mangiando pranzo, e come ad ogni appuntamento tenevo un'occhio al piatto, e uno alla televisione. Stavo assistendo a quello che secondo me è uno degli sport e degli spettacoli più belli. Tranquillamente vedo un sacco di colori dal rosso, al verde, al bianco, scritte derivanti da aziende di tutto il mondo, come sempre in questi casi, tutto risalta perchè li dove tutto si svolge piove a dirotto. E' un normale pomeriggio russo.
Ad un certo punto le luci si spengono e l'adrenalina benchè io sia seduto sulla mia comoda sedia da cucina sale, so che molti non lo capiscono ma per quelli come me è inevitabile, seguo con attenzione ed entusiasmo, ma dopo pochi minuti succede quello che nessuno, nemmeno quelli come me vorrebbero succedesse.
Si è capito, parlo del campionato supersport, legato alla superbike. Attenzione perfavore quello che scriverò non lo dico per cattiveria, per sentimenti di superiorità, o per qualche altro motivo che non capireste, se non sapete cosa sia la supersport, o se non sapete cos'è la superbike, allora chiudete il post e questa volta non leggetemi. Perchè soltanto un motociclista può capire i discorsi che nascono in questi casi.
Per tutti gli altri che invece sanno di cosa si tratta e hanno da oggi delle remore riguardo le due ruote esporrò il mio pensiero, che è quello di tantissimi altri.
Oggi purtroppo vicino a Mosca è morto un ragazzo giovane. Si chiamava Andrea Antonelli.
Questo ragazzo correva in moto, era un bravo ragazzo, dentro e fuori il circuito, sapeva il fatto suo. Vi assicuro che l'ultimo che arriva in questo tipo di gare lo sà il fatto suo. Nessun motociclista, della domenica, nemmeno quelli che vengono definiti smanettoni da pista possono stare anche lontanamente dietro i ragazzi che vediamo alla televisione. Andrea, correva e lo faceva bene ma soprattutto stava correndo il sogno della vita.
Quando si è ragazzini si vogliono fare mille cose, dall'artista, al batterista, all'astronauta, chi vuole seguire le orme del babbo, e senza accontentarsi vuole fare l'architetto, l'ingegnere, il falegname, il carabiniere, o perchè no il contadino. Lui come molti altri aveva scelto di fare il pilota. Intendiamoci. Fare il pilota comporta avere una famiglia che può permettertelo, ma forse fare il dentista no? Questo sport per i piloti è come un lavoro. A molti sembrerà incredibile ma è così, questi ragazzi campano di questo, chiaro che sia pericoloso ma l'Afghanistan no? Chi nella propria vita non si è imbattuto in qualche lavoratore instancabile che ad una certa età continua il suo lavoro ben sapendo che è ormai pericoloso? Il discorso è lo stesso, alcune cose le si fanno perchè ce l'hai dentro e perchè puoi permetterti di farle. Si assisterà ad una serie di polemiche infinite sulla sicurezza, sulla pista bagnata, su questo sport, ma infondo, ogni pilota scende in pista perchè questa è la sua vita.
Anche perchè come un carpentiere non sa se il ponteggio rimarrà in piedi, un pilota non sa se egli stesso rimarrà in piedi. Occhio e lo scrivo a grandi lettere, questo discorso ovviamente esula da quegli imbecilli che prendono la strada per il primo colle immaginando di essere al "gran premio della collina accanto" facendosi del male e a volte provocandolo ad altri.
Quando rimane una riflessione questa fa un suo giro ben preciso, e si va a posare questa volta accanto a coloro che su questa terra eden o inferno che sia ci rimangono, con un pugno di mosche in una mano e un ricordo indelebile nell'altra. Queste figure sono il papà e la mamma. Se io fossi un genitore di un pilota che si fa male davvero, maledirei il giorno in cui da bambino ho assecondato il suo sogno, non ci sono se e non ci sono ma.
Rimane il fatto che se dentro hai questo tipo di passione e non so come chiamarla altrimenti, prima o poi si manifesta, prima o poi quel ragazzo anche se non potrà correre in un campionato mondiale, da adulto qualcosa correrà anche a livelli minori pericolosi come gli altri ma se la stessa persona si fa male comunque, il dolore e il rammarico svaniscono? E' una cosa che non si può capire, se non si è dalla stessa parte se non si conosce l'odore della tuta, se non si vedono i sorrisi dei piloti vicini, se non senti vibrare qualcosa tra le gambe e ti rendi conto che quella cosa sai domarla. Ecco, se non capisci vuol dire che hai deciso di leggermi comunque. Odio i RIP che si leggono ovunque, sono la cosa più sterile che esiste mando invece un piccolo abbraccio a mamma e papà. Mi dispiace di cuore come a ogni altro motociclista.
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