martedì 14 gennaio 2014

Chi semina vento, chi semina semi.



Milano, la seconda città d'Italia, da enormi e svariate possibilità, nei vari campi, ad esempio, dell'impresa, dell' informazione, qui risiedono sedi di tantissimi quotidiani nazionali, dell'economia, basti pensare alla borsa, ma per quelli come me queste cose possono passare in secondo piano quando si ha la possibilità di trovare la poesia per strada. Una ormai famosissima "scaglia" che appare in città recita: Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo. La frase è ovviamente poetica, e ovviamente bella da sentire e da leggere. Fermandosi a pensare alcuni avranno sentito parlare della poesia di strada. E' una nuova evoluzione della poesia, una poesia che non vuole rimanere confinata nell'ultimo scaffale della biblioteca comunale ma vuole trovarsi il proprio spazio. Solitamente si immagina il poeta come un signore che ha combattuto le sue battaglie vere o figurate e che grazie a mille esperienze diverse riesce a metter insieme dei componimenti più o meno riusciti. Si pensa anche che da Ungaretti in poi, la poesia abbia perso la sua capacità di magnetizzare chi legge. Perché dopo il maestro Ungaretti che si è dato ai versi liberi sdoganando del tutto un modo diverso di vedere la poesia, la stessa ha preso una brutta piega, che fa pensare, mah questa l'ho già sentita, oppure, cosa centrano i gerani con una giornata di neve. Insomma, grazie a questa nostra civiltà basata soltanto sulla tecnica e sul denaro non ci si sa più stupire. 


Attenzione lo stupore è un'emozione, e sinceramente con le emozioni non si dovrebbe giocare, e soprattutto non ci si dovrebbe mai emancipare. Pensate a quanto potrebbe essere triste vedere una persona che ride felice alla morte di un parente (non che non succeda) oppure pensate a quanto può essere tragico vedere un ragazzino che subisce le violenze della guerra, e di questo il ragazzino ne rida (anche questo succede), dunque io sono di quelli che pensa che le emozioni sono naturali e devono rimanere tali. Ma torniamo alla poesia di strada. Guardo una trasmissione televisiva su Rai3 il sabato sera, finalmente con mio enorme stupore (infatti un sorriso mi solcava il volto) si parla di poesia. In studio c'è quello che viene considerato il migliore dei poeti di strada Ivan Tresoldi, l'autore della "scaglia" riportata prima. Essendo un eminente poeta dalla carriera ormai decennale vi immaginerete un signore laureato e professore di università magari con una folta barba brizzolata. Invece No! Ivan fa parte della generazione schiacciata dalla precedente, fa parte della generazione x quella che ha vissuto la giovinezza negli anni novanta. Ivan è un artista e poeta di strada che porta arte figurativa accoppiandola alla poesia, è uno di quelli che in toscana chiamano ganzo. Decido di mettermi sulle sue orme e grazie a mail e social lo raggiungo. Ivan è un vulcano con mille progetti e mille idee, ci parliamo, si scherza sulla poesia e poi ci si fa seri perché è giusto anche che sia così. La cosa che stupisce è che ci si trova davanti a un uomo sui trenta che ha deciso di creare un manifesto poetico nuovo e di vederlo fiorire come il suo cielo seminato lanciando i semi. Si arriva a pensare: che era ora, finalmente sembra nascere una nuova stagione poetica e sembra che questa si incanali, proprio dove uno non si aspetta, tra la gente, per strada, su un vecchio muro rimesso a nuovo per la poesia, non come un teppista ma come un poeta, su una pagina enorme stesa a terra dove poter far colorare una città intera. Nella speranza di trovare un gruppo di ragazzi così intraprendenti che sappiano ancora cos'è un emozione e che non conoscano soltanto il sentimento di frustrazione che c'è in ogni ufficio di Milano, e d'Italia, mi accodo e spero un girono di firmare il manifesto di Ivan e di dargli nelle possibilità una bella stratta di mano. Se vi incuriosisce cercate le scaglie di Ivan, in giro per il mondo, in giro per la rete.    

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