mercoledì 13 novembre 2013

Nemmeno un centesimo.

Ad un certo punto parte un urlo. Un urlo che sembra liberatorio, l'urlo di Munch. Quello più famoso quello che tutti ormai conosciamo. L'urlo in questione prima di essere trafugato venne battuto all'asta come l'opera d'arte più famosa e costosa del mondo. Già all'ora l'urlo fu di sicura soddisfazione del nuovo proprietario.
Alcuni giorni fa la casa d'aste Christie’s aveva annunciato una nuova battitura che sulla carta poteva addirittura avvicinare il famosissimo Urlo. Nessuno si immaginava che; al e uno, e due e tre! Venduto al signore con l'ombrello, si sarebbe assistito ad una trattativa tanto serrata. Sono bastati appena dieci minuti per far rimanere un'espressione di stupore sul volto dei presenti per mezz'ora. Si è arrivati durante l'asta ad una somma incredibile uno di quei numeri che non si riescono a capire. Si tratta di centotrentaquattro milioni di dollari. Lo scrivo a numeri anche se non è lo stesso 134000000 di $.
Questo è il risultato della vendita più costosa mai riscontrata nel mondo dell'arte.
La riflessione può essere una, la più scontata. E' possibile che in questo momento di estrema crisi ci siano persone che sputano sulla dignità di chi ha enormi problemi economici? A questa domanda non vi è altra risposta che si. Si può anche pensare che, in questo pazzo mondo con una somma del genere si potrebbe fare il bene di migliaia di famiglie. Ma in questo pazzo mondo l'arte, da sempre, da quando il capitalismo ha fatto capolino nel mondo antico romano, e prima ancora in quello greco ed egizio ha fatto fare pazzie agli uomini di ogni epoca. La seconda riflessione è quella che fa pensare a quanto a volte questo tipo di circostanze permette ad un artista ma soprattutto alla sua opera di prendere una sorta di ombra mistica guidata dalla impossibilità della maggioranza delle persone di poterla possedere. Dopo, viene il gusto, dopo viene la critica, dopo viene il pensiero dell'ignorante che guardando l'opera d'arte in questione, anche soffermandosi, sconsolato pensa. Io, non avrei pagato nemmeno un centesimo per una cosa del genere. La cosa bella dell'arte è questa, ognuno deve sentirsi libero di spendere ciò che vuole per ciò che sente come davvero proprio. La cosa bella dell'arte è che non è ripetibile. La cosa un pò meno bella dell'arte è che certamente chi ci ha guadagnato maggiormente non è l'artista ma la casa d'aste che ha avuto la fortuna tra le mani, e soprattutto ha saputo sfruttarla. 
   

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