lunedì 31 marzo 2014
Presenti prossimi passati.
L'annuncio dei giornali americani lascia molti di stucco, molti pensano che sia un peccato. Little Italy è sparita, li dove l'immaginario collettivo la collocava, a New York. E' rimasta fagocitata da China Town. Per chi non c'è mai stato, e per chi pensava che si trattasse di un quartiere evoluto, all'interno della metropoli più evoluta al mondo suona davvero strano. In realtà non era un quartiere, era un pezzettino di città che negli anni si è spopolata dell'italiano medio, ma non del mediocre folklore italiano. Chi invece ha avuto la fortuna di visitarla si rendeva conto che la Little Italy non rispecchiava davvero nemmeno un pochino la nostra amata Italia. Io ci sono stato qualche anno fa, e la guida che ci accompagnava a prendere l'unico caffè italiano, nell'ultimo vero bar italiano ci annunciava già che di Italia li non c'era rimasto più nulla.
Un segno del cambiamento. In realtà se ci si ferma e se ci si pensa più che un cambiamento è uno specchio dei tempi, i giovani italiani cercano fortuna in paesi più vicini, come la Germania, come, i paesi nordici dell'Europa, mentre i cinesi cercano fortuna ovunque nel mondo. La riflessione però si ferma, per una volta non corre, si ferma e sente sempre le solite frasi: italiano? Ah, mafia, mandolino. Uno stereotipo del quale io e moltissimi altri facciamo davvero a meno, anche perché nella mia provincia ai confini dell'impero, lo strumento dei nonni, è la fisarmonica, e la mafia è quella che si è instaurata, nel nepotismo delle amministrazioni locali, senza spargimento di sangue e morti ammazzati per strada. La globalizzazione divora i passati, di tutti, divora le ricorrenze, fagocita qualsivoglia immagine di tradizione che ogni stato ha costruito nei secoli, eppure, è un mutamento generazionale, a noi che ci hanno chiamato bamboccioni, per noi che hanno distrutto il futuro, questo potrebbe avere un sapore di rivalsa, o forse un sapore dei tempi andati, che invidiamo a livello economico, e a cui facciamo da ponte. Si perché la generazione successiva quella che seguirà la mia sarà del tutto in grado di integrarsi, ma soprattutto di integrare chiunque, lasciando ai ricordi di qualcuno, o alla malinconia di altri quello che in realtà è o è stato un passato da timbrare come antico ancor prima che si possa pensare al presente come il prossimo passato.
lunedì 24 marzo 2014
Le circa vere età.
Oggi avrei voluto parlare di un sacco di cose, della pochezza delle persone che pensano che ormai il mondo ha solo una direzione, avrei voluto sputare addosso a quelle persone che hanno seppellito la speranza altrui, avrei voluto dire la verità e subito dopo avrei voluto smentirmi, avrei voluto scrivere un sacco, ma davvero un sacco di cose, sperando di essere ancora letto, ancora essere letto una volta sola. Come si sa solitamente chi ha un vero pensiero critico, lo ha perchè ha saputo pesare le situazioni perchè ha attraversato il suo pessimo momento, oppure perchè ha letto qualcosa che lo ha lasciato riflettere. Oggi. A me è successa l'ultima della serie. Tra pochi giorni compirò gli anni, tra pochi, appena quattro. La cosa che mi ha fatto pensare a lungo è stata che incredibilmente non me lo ricordavo. Oggi avevo talmente tante cose per la testa che la questione era passata in secondo piano. Poi, mi butto su un social e stacco la spina per dieci minuti, e mi imbatto in una riflessione. Questa volta non sarà mia, non sarà amara, o dolce e non saprà di pepe, questa volta la riflessione la lascio a lei che manca a tutti quelli che dei suoi scritti erano appassionati, e che ha saputo a volte con estrema semplicità spiegare alcuni momenti della vita di ognuno, ho letto, ho riflettuto, e ho pensato fosse giusto far riflettere altri oltre me.
Tra le mille fotografie che si trovano in internet ho deciso per questa, che forse la ritrae nei suoi circa trent'anni, come i miei appunto, i miei circa trent'anni. Noi uomini, io per primo, siamo pessimi nello stimare le età delle donne perchè le donne sanno fare di tutto per inibire la propria vera età, spero di non sbagliarmi di troppo, spero che lei possa capire. Qua mi fermo io.

Qua parte lei.
Sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perché è finita l’angoscia dell’attesa, non è cominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore, da grandi. Siamo un campo di grano maturo a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui scenderemo un po’ ansimanti e tuttavia freschi. Non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e avanti e meditare sulla nostra fortuna…
Tra le mille fotografie che si trovano in internet ho deciso per questa, che forse la ritrae nei suoi circa trent'anni, come i miei appunto, i miei circa trent'anni. Noi uomini, io per primo, siamo pessimi nello stimare le età delle donne perchè le donne sanno fare di tutto per inibire la propria vera età, spero di non sbagliarmi di troppo, spero che lei possa capire. Qua mi fermo io.

Qua parte lei.
Sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perché è finita l’angoscia dell’attesa, non è cominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore, da grandi. Siamo un campo di grano maturo a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui scenderemo un po’ ansimanti e tuttavia freschi. Non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e avanti e meditare sulla nostra fortuna…
Oriana Fallaci
venerdì 21 marzo 2014
La giornata mondiale della poesia
Federico Garcia Lorca.
Vorrei
sedermi vicino a te in silenzio,
ma non ne
ho il coraggio: temo che
il mio
cuore mi salga alle labbra.
Ecco
perche' parlo stupidamente e nascondo
il mio
cuore dietro le parole.
Tratto
crudelmente il mio dolore per paura
che tu
faccia lo stesso.
Il mio
cuscino mi guarda di notte
con
durezza come una pietra tombale;
non avevo
mai immaginato che tanto amaro fosse
essere
solo
e non
essere adagiato nei tuoi capelli.
Oggi non metterò una mia
poesia, quelle le potete leggere sfogliando il blog, o attendendo la prossima
che potrò postare. Ma oggi è un giorno speciale per quelli come me perché è la
giornata mondiale della poesia, proposta dall'Unesco. In ogni caso oggi una
poesia in omaggio a questa che è una splendida giornata la metto, e prendo a prestito le parole di un maestro, di un uomo che ha
saputo scrivere anche d'amore, come pochi altri hanno saputo fare.
Quindi buona giornata e buone poesie a tutti.
martedì 18 marzo 2014
Sette Sette Sette.
Sono i giorni che seguono il 27 di
giugno 1980. All'aeroporto di Bologna centinaia di persone aspettano. Attendono
che un aereo, atterri, l'aereo, scomparso dai radar non si sa che fine ha
fatto. Non si sa per quale motivo ha fatto la fine che ha fatto, non si sa come
e quando ha fatto la fine che ha fatto. Sto parlando della nostra tragedia.
Quella di Ustica. Ora, se ne sono dette di tutti i colori, ma non si è mai
capito perché sia successo. Si è andati dalla bomba a bordo, ad un malore dei
piloti, ad un attentato, all'abbattimento di un aereo passeggeri da parte di un
caccia da guerra, che fosse francese o libico poco importa. Importa che al
tempo, l'inizio degli anni ottanta, per qualche motivo la verità venne
nascosta. A pensarci con tutto questo segreto l'ultima ipotesi, quella dei
caccia sembra quella più probabile. In ogni caso non lo sapremo mai come è
andata davvero i potenti non hanno voluto parlare.
Sappiamo che la nostra bella Italia ha
tutti i suoi problemi, ma sappiamo anche che l'Italia come il resto del mondo
in questi anni ha fatto passi da gigante nelle tecnologie.
Negli anni ottanta, i telefoni
cellulari, non esistevano le comunicazioni in generale erano legate alla
televisione, giornali, e radio. Oggi no, oggi la diretta passa dalle cornette
di mezzo mondo. A questo proposito scatta una domanda. Sono a bordo di un
aereo, mi sto dirigendo in Cina, sono partito da Kuala Lumpur, e il mio aereo è
stato dirottato, per questo chiamo subito a casa, i terroristi non vogliono, su
227 passeggeri a bordo, almeno uno avrebbe potuto scrivere un piccolo sms di
nascosto? Dicono che il segnale non potrebbe prendere in determinate zone,
possiamo crederci, ma, è un pochino strano che si possa sparire in questo modo.
Insomma, con i satelliti si può rintracciare un'automobile, ad esempio quelle
che a bordo montano un antifurto satellitare, (più usato dai camionisti in realtà)
si può rintracciare un cellulare, pensate alle celle disposte in mezza città (in
certi casi utili anche contro gli assassini) dove il cellulare aggancia il segale da poi
inoltrare alla rete, insomma, è possibile che in un colpo solo siano spariti,
un aereo da 297 550kg che costa 261 milioni di dollari, con a bordo 227
passeggeri e 10 membri dell'equipaggio quindi un totale di circa 237 cellulari
sparisca del tutto? Su questa storia si è già detto di tutto, l'ultima è che il
dio Eolo abbia deciso di spirare vento contrario per far precipitare l'aereo
dritto nelle braccia di Posidone. Si arriva in questi casi a sfiorare
l'assurdo, per una notizia in più, falsa o vera, per una speranza che forse non
esiste, per una parola di troppo che forse dovrebbe rimanere nella gola di chi
ha voluto parlarne. Se fossi un figlio in attesa a Pechino, o un fratello, o un
papà o una mamma, vorrei solo una cosa, vorrei che i potenti dicessero la verità,
ma che soprattutto gli impotenti, come i cronisti, s'ingoiassero la lingua una
volta per tutte.
domenica 16 marzo 2014
La ballata di Pan.
La ballata di Pan.
Odi,
è l’esser di ginepro
Ascolta
è come vespro
Ancora
una nota
Aurora
piove e chiosa
Là
giù intatta insidia
È
il verde e il turchese
Dei
ricci alisei
Sù,
apri le braccia
Salmastro
sospingerti
Attende
il tuo battito.
Ancora
un canto
Alba
d’oggi notte
Par
che tu viva
Ancor
non evada gota
Tingi
i miei versi ell’ etere
Foglie
come odor d’incensi
Verso
l’arboreo
Ancora
nome di
Un
sordo urlato
Ancora
Faggio
Torna
e con tutte
Le
radici intriche
Illudi
te stesso
E
silvane liriche
Ode
di te esser stata
Il
sottobosco e strato
Mani
fredde stringono
Inumidito
di cicale suono.
Danza
alla fronda folta
Il
figlio dell’olmo
Ancor
ascolta il tuo fiato
Taci,
è il pianto s’arrende
E’
il gioco che rapprende
O
tu tappeto di affetto
Abbracciami nel sonno.
Morfeo sabato 15 marzo 2014
Il marinaio e l'infermiera.
Quando la gioia rimane nel tempo. Dopo ogni guerra
la tristezza prende il posto della disperazione, si articola in mille storie di
tutti i giorni ricominciando il suo cammino verso quella che tutti chiamiamo
normalità. Sono rare le fotografie di guerra che immortalano un sorriso una
felicità esplicita, un momento che può
essere riconosciuto come felice. Eppure a volte succede. Sono davvero poche ma
una su tutte ha fatto storia. Il contesto è conosciuto. Gli americani che sono
maestri nelle celebrazioni spontanee, escono dal secondo conflitto mondiale da
vincitori, la tristezza è ovunque, mamme che non vedranno mai più i figli,
mogli che aspetteranno il marito invano. In mezzo a questo post conflitto a
Time Square a New York, si festeggia per via della fine della seconda guerra
mondiale. Tra la folla che cammina, una coppia si bacia. Uno di quei baci, che hanno dentro un gesto, la forza dell'abbraccio inatteso, quasi lascia immaginare una musica di sottofondo. Lui è un marinaio un
soldato, che nella sua divisa ricorda un personaggio dei fumetti che mangiava
spinaci, lei è una ragazza che nella sua eleganza ormai perduta ai giorni nostri, racchiude il coraggio di un
infermiera.
La brutta
notizia è che in questi giorni l'ormai ultra ottantenne protagonista del bacio,
ha un infarto e muore. E' il presunto marinaio, presunto perché nell'andare del
tempo altri hanno affermato di essere stati fotografati al posto suo. A noi
tutti che abbiamo visto, la foto e che abbiamo immaginato chiedendoci, chissà
se poi sono rimasti insieme lui e l'infermiera, chissà, se mio nonno ha baciato
mia nonna alla notizia della fine della guerra, infondo, non lo sapremo mai, e
questa è una parte della storia che la foto si porta dietro sull'onda si una
frase che è dentro una famosa canzone di un certo DeGregori: Generale. Che
afferma, che la guerra è bella anche se fa male, ma soprattutto è bella quando
è finita, quando forse nemmeno la guerra è partita, e noi che la guerra non
l'abbiamo fatta e nemmeno l'abbiamo vista, non ci rendiamo più conto di quanto
siamo fortunati.
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