Oggi sono tornato. Sono stato a Parigi. Ho avuto la fortuna di
visitare una città bellissima e ricca di monumenti e musei imperdibili,
bellissimi e impressionanti. Lascio però questo argomento per un post
successivo che scriverò tra qualche giorno.
Leggerete di seguito
un post che vuole far riflettere. Mi metterò nei panni di un turista. Cioè i miei, e nei panni di un giornalista di guerra, Quirico de LaStampa, che si incontrano al loro ritorno. Da tempo, diciamo da quando il
giornalismo italiano ha cominciato a raccontare la guerra con mezzi
moderni, ci sono persone che credono che sia un bene che alcune persone
prendano il loro zaino e il loro coraggio e che si rechino dove le
situazioni possono andar storte da un momento all'altro.
Poi c'è
il filone di quelli che credono che si tratti di mitomani soldati-mancati che per sentirsi sull'onda vanno a fare gli eroi dove la guerra
non è un gioco da console tipo PlayStation, e che rischiare altre vite per
recuperare ostaggi, o peggio pagare riscatti a quelli che l'occidente
chiama terroristi sia una pratica da abolire.
Torno alle analogie, ma le riflessioni questa volta le lascerò a chi avrà tempo e voglia di leggermi.
Dicevo.
Sono tornato oggi da un posto meraviglioso. Parigi, la città dell'amore, dominata da monumenti importanti e spettacolari.
Anche io sono tornato oggi. Dalla Siria. Un posto che non vorrò mai più visitare in vita mia.
Ho avuto la sfortuna di poterci soggiornare soltanto cinque giorni ma sarei rimasto ancora.
Io invece ho avuto la sfortuna di soggiornarci cinque mesi, ma non avrei voluto rimanere un altro minuto.
Ho incontrato persone generose che nei momenti peggiori mi hanno aiutato, anche solo con indicazioni, e ho incontrato persone scortesi che mi hanno tagliato la fila (ovviamente italiani) per entrare alla reggia di Versailles.
Io invece ho incontrato persone che per via della loro situazione (forse comprensibile) hanno cercato soltanto i propri interessi, e persone scortesi che per un motivo o per l'altro mi hanno lasciato senza cibo nè acqua, e che hanno minacciato un paio di volte di tagiarmi la gola.
Ho avuto la fortuna di potermi spostare in una metrò da un capo all'altro della città in tutta sicurezza, senza sentirmi in pericolo, mi sono sentito un buon passeggero, e le corse erano sempre in orario.
Ho avuto la sfortuna di potermi spostare a bordo di picup impolverati con persone che attentavano alla mia sicurezza in ogni momento, e che non si facevano problemi di orario, per loro ero solanto un ostaggio con cui poter far dei soldi.
Mi è scesa una lacrimuccia quando sono salito sul TGV che mi riportava nel mio Piemonte, ma nel cuore avevo già il biglietto per tornare sulla tour Eiffel.
Quando sono salito sull'aereo che mi riportava in Italia e successivamente nel mio Piemonte mi sono sciolto in un pianto che non conoscevo più da decenni, promettendo a me stesso di non mettere più piede in quell'inferno di guerra civile.
Allora Domenico, in un modo o nell'altro siamo tornati nel nostro Piemonte ognuno con i suoi pensieri e con i propri ricordi, con le proprie mancanze, con i propri rimpianti. Si dice che chi viaggia fa colpo, si dice che conoscere altre culture sia un allenamento per l'apertura mentale, si sprecano mille parole. Sono felice per te, molti qui in Italia e molti qui dalle nostre parti ti davano per morto, il saperti tornato non può che farmi felice, il sapermi tornato anche ma chiaro, in maniera differente. Buonanotte Domenico.
Aggiungo questa foto che ti ritrae con uno sfondo che ho conosciuto ieri, l'arco di trionfo di Parigi che in questo post stà davvero bene.
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