venerdì 6 dicembre 2013

I versi di un ragazzo che ci crede.

E' inverno sulle montagne, è inverno qui dove la violenza ha preso piede, è inverno qui dove la guerra si combatte anche con una poesia. Le montagne sono quelle dell'Afghanistan, la guerra è quella in cui anche noi italiani facciamo la nostra parte.
Scovo su un quotidiano nazionale (questa volta lo cito) "LaStampa"che si parla della passione per la letteratura, scopro con entusiasmo che seppur con un micro video e un micro articolo, anche i grandi giornali parlano di poesia. Parlano di quella poesia scritta dove più serve, scritta dove la libertà per molti è ancora un miraggio, dove la libertà può celarsi nei versi di un ragazzo che ci crede. La piccola intervista ha come protagonisti dei giovani, che scrivono poesie ironiche, contro la guerra, perchè laggiù ce n'è bisogno.





Di poesia se ne parla ovunque, basta aprire un sito e cercare la parola in versi e si viene letteralmente sommersi da strofe di persone sconosciute che amano scrivere poesia. Negli ultimi tempi, la poesia si è evoluta, ha preso e sta prendendo una sua nuova forma, il verso libero la fa da padrone e la maggiorparte delle strutture poetiche sono andate a farsi benedire, come direbbe qualcuno. Questo legittima tutte quelle persone che si credono "letterate" a sparlarne in barba a tutti quelli che ci mettono il cuore. Perchè è questo il problema. Le persone troppo legate ai dogmi grammaticali non capiscono che dentro ai versi non deve esserci per forza un endecasillabo, deve esserci invece la convinzione da parte di chi ha scritto, che quelle parole possano toccare il cuore, e far apparire un sorriso sul volto di chi legge. La poesia deve poter trasportarti in un mondo diverso, deve poterti far pensare alla persona amata, deve poterti stringere il cuore. Fermiamoci un attimo a pensare, quello che adesso ha la possibilità di farlo è. La canzone, quanti versi di canzoni conoscete, migliaia giusto? Credo dunque che la poesia moderna debba per forza di cose somigliare sempre più una canzone pur rimanendo una poesia. Il mio raccapriccio è leggere un antologia di poeti vari dove trovo almeno quattro o cinque poesie che si intitolano "Vita" oppure "gli Amanti", oppure ancora "Etereo." Credo che chi mi abbia già letto in precedenza possa capire quanto sia impotante per me un titolo. Un titolo non deve essere parte della poesia deve essere un fondamento, deve essere la scintilla che permette al lettore di ricordarsi di cosa si tratta e possibilmente di chi scrive, perchè anche questo è lo scopo del poeta.   

In Afghanistan dove l'informazione di massa non la fa ancora da padrone, si pensa che nel tempo, "alcuni diranno di essere poeti gli altri diranno che amano ascoltare le poesie". Spero che la mentalità cambi e che ci si riconosca un giorno in una poesia oltre che in una canzone.

Ci ha lasciato un grande che amava la libertà. Questo grande era di colore e più ancora era uno che i colori li aveva dentro. Questo signore abitava in Sudafrica ed era da tutti considerato una specie in estinzione era un saggio. Io ho un nipotino di colore che ha a che fare ogni giorno con mio papà, suo nonno. Anche Nelson era un nonno, ho pensato potesse essere un buon pensiero per ricordarlo.



Il bambino colorato.

Tu colorato di castagno
Cresci alle caviglie
Del nonno come erba
Come Primavera.

Tu che hai sguardo
E fiato e riccioli
Come rivoli di vita
Come Pruno

Tu che raddrizzi
I rami così contorti
Dell’uomo che più t’ama
Come Bria n.

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